Nei giorni scorsi, e nell'arco di poche ore, la nostra comunità e quella di Settimo S P. hanno sperimentato il dramma della morte di tre giovani vite accomunate dal termine modale "improvvisamente" che ha suscitato, oltre che immane dolore e sgomento, spunti di riflessione sul vero significato ed essenza della vita.
I celebranti delle esequie hanno posto l'accento sul limite e fine dell'esistenza, unico fatto certo ma a tutti sconosciuto. Pertanto l'invito è stato a vivere in tensione ma non in agitazione senza perdere tempo prezioso in contrasti, conflitti, ostilità e con l'umiltà, vera forza nelle relazioni, di fare un passo indietro per le riappacificazioni.
Nelle omelie raccomandavano che non dobbiamo ricordarci di questo modus vivendi solo quando questi eventi infausti, e difficili da accettare, ci disorientano e ci spaventano. Bisogna, hanno sottolineato con forza padre Gabriele e don Giuseppe, seguire il comandamento principale: amatevi gli uni gli altri.
E mentre dall'altare leggevo la lettera ai Galati, ho avuto un sussulto nel passo in cui si elencavano le "cose" che impediscono di ereditare il regno di Dio: inimicizia, divisioni, fazioni, gelosia… di contro alla bontà, mitezza, pace, dominio di sé. Che impresa perseguire questo stile!
Le comunità di Sinnai e Settimo sono state esemplari nell'abbracciare, consolare, confortare i prossimi congiunti di Gigi, Carlo ed Ignazino e, soprattutto, pregare con profonda intimità affinché, con il tempo trovino una risposta cristiana. Ho avvertito un filo diretto nei tre momenti dove, oltre la paura ed il malcelato spavento per i modi del distacco, prevaleva il desiderio di voler manifestare la concreta vicinanza a figli, moglie, fratelli, sorelle, genitori di chi ci ha lasciato. La loro scomparsa è stata devastante ma ha rappresentato un monito severo per tutti noi, spronati ad una vita che valorizzi le cose semplici, spesso date per scontate, ed a coltivare una visione di solidarietà, di condivisione
secondo i Suoi insegnamenti.
Forte, nel silenzio assordante, rimbombava l'ammonizione del celebrante che svelava la frase stampata in sacrestia: "celebra come se fosse l'ultima messa" ed, altresì con tono severo ma fiducioso, proseguiva citando: "vivi il giorno come fosse unico ed ultimo e dai il meglio di te stesso in azioni grate al Signore".
Franco Olla